La quarantena non ferma le iniziative del Club padovano, ma tutta la regione è piena di esempi virtuosi
Domenica 5 aprile doveva andare in scena la 17° edizione del “Città di Rubano”, uno degli appuntamenti più attesi del fitto calendario primaverile veneto del minirugy. Dieci le società iscritte, di cui una di Parigi, per un totale di circa 400 atleti delle categorie Under 6, Under 8, Under 10 e Under 12: l’inevitabile annullamento sul campo non l’ha però avuta vinta sulla ferrea volontà degli organizzatori di dare un segnale di speranza a giocatori, famiglie, allenatori e dirigenti.
I presidenti Enrico Gottardo e Mattia Gomiero (Patavium Union e Roccia Rubano) hanno così organizzato il calcio d’inizio virtuale collegandosi in diretta sulla piattaforma Zoom con cento partecipanti in rappresentanza dei club iscritti, tutti regolarmente con la propria maglia da gioco.
Erano presenti anche il Sindaco e l’Assessore allo sport del Comune di Rubano, oltre al presidente del Comitato Regionale Veneto, Marzio Innocenti. “Devo dire che raramente mi sono commosso così nella mia lunga vita rugbystica”, le sue parole. “Da un lato la tristezza nel cuore per non poter vedere il solito mare di ragazzini e ragazzine correre felici sull’erba, dall’altra l’orgoglio nei loro occhi per mostrarsi con la loro divisa, raccontandosi come stava andando in questo periodo senza rugby e senza libertà. Speriamo davvero questo incubo finisca presto, ma di sicuro i nostri Club saranno chiamati a giocare un ruolo fondamentale nel tenere saldo il tessuto sociale, ecco perché NESSUNO dovrà essere lasciato indietro”.
Proprio la consapevolezza di questo ruolo ha spinto Emanuela Saracini, allenatrice e anima inesauribile del settore giovanile del Club, ad inventarsi la “Club House… in House”: ogni venerdì sera alle 19, sempre tramite le piattaforme di video conferenza, un ritrovo per genitori bevendo una birretta tutti assieme a condividere idee e preoccupazioni al tempo del Covid-19.
“Sottolineiamo SOLO PER GENITORI”, spiega Emanuela. “Abbiamo pensato che ritagliare una piccola oasi alla settimana tenendo per mezz’ora un minimo di distanza dai bimbi fosse una buona cosa, per noi e per loro, perché può diventare un’occasione per condividere problemi e pensieri che viceversa sarebbe complicato potersi scambiare”.
“Per noi il Club è da sempre una vera e propria famiglia allargata, e la club house è la casa naturale di tutti quelli che ne fanno parte. Il luogo dove ci si ritrova la sera o nel fine settimana dopo le partite, si ride, si commenta, ci si confessa e si cerca o si dà aiuto: purtroppo le conseguenze di questa pandemia non sono solo quelle sanitarie, molte famiglie vivono preoccupazioni e problematiche enormi, e mai come adesso ogni club dovrà essere quella rete di sicurezza che passa per i concetti di comunità e di solidarietà, i primi valori del nostro sport”.