ADDIO A BRUCE MUNRO, NEOZELANDESE CON PASSAPORTO VENETO

Casale sul Sile, Metalcrom Treviso e Mogliano le maglie indossate, città e comunità con un legame mai venuto meno

È venuto a mancare nel sonno, la notte scorsa, in quel modo semplice che è sempre stata la sua firma sulla vita, Bruce Munro.

Bruce Gordon Munro, per la precisione: seconda linea neozelandese originario della provincia di Waikato, una presenza con gli All Black Under 21 nel 1972, poi qualche anno di rugby nei Club e nel Provincial, ad Auckland, prima dello sbarco in Italia, in quella Casale sul Sile che proprio in quegli irripetibili anni ’70 gioca in Serie A cominciando a diventare la “vera” ambasciata neozelandese nel nostro Paese, tanta è l’affinità con i giocatori di quella terra lontana.

Munro porta i suoi due metri ed i suoi baffoni imponenti sulle rive del Sile contribuendo alla salvezza del Club nella massima serie nel campionato 1976/1977: ex poliziotto dal fisico importante e dai modi particolarmente rudi, con la sua statura si impone da subito in campionato come dominatore in rimessa laterale assieme a Dirk Naudé, sudafricano del Rovigo con misure simili. All’epoca, è bene ricordarlo, non era consentito l’ascensore, e quelle altezze inusuali per i giocatori italiani facevano tutta la differenza del mondo.

Bruce Munro lascerà in Veneto e nel rugby italiano un segno indelebile: dopo la salvezza a Casale viene subito richiesto dalla Metalcrom Treviso, che con lui in squadra a far coppia con il connazionale terza linea Glenn Rich centra il secondo Scudetto nel 1978.

Cinque le stagioni trevigiane, poi arrivano gli anni del Mogliano, raggiunto nel frattempo in Italia dal fratello Mark. Per arrotondare, dato il tempo libero lasciato dagli impegni come giocatore, Munro si dedica agli amati campi come contadino dalle parti di Sambughè, e quando serve non si tira indietro neanche da muratore.

Malgrado la lunga permanenza nel nostro Paese (alla fine dieci anni, uno degli stranieri più longevi in assoluto del nostro rugby) l’italiano non l’ha mai imparato: si destreggiava con qualche parola in dialetto, che gli veniva più facile, per il resto sapeva comunque farsi capire da tutti.

A Casale sul Sile oggi è un giorno triste, perché se n’è andato uno della comunità. Lo è un po’ per tutto il Veneto, perché quelle radici così profondamente piantate nella nostra terra raccontano di affinità elettive che attraversano gli Oceani e si parlano dagli antipodi, con quella lingua universale  che non ha bisogno di parole dette, ma di sensazioni vissute.

(un ringraziamento speciale al collega ed amico Elvis Lucchese per la consulenza e le immagini storiche)