Calo medio di tesserati contenuto, alcune categoria in sofferenza, minirugby in netta crescita. Il presidente Trevisan: “Una terra di rugby che ha saputo reagire alla tempesta perfetta”
Era la stagione più attesa, ed insieme anche quella più temuta. Dopo due anni di Covid, abbattutosi come una scure pesantissima sulla società e sullo sport italiano, il 2021-2022 portava sulle spalle la responsabilità di segnare la rinascita, la ripartenza, la ricostruzione di un rugby veneto consapevole del proprio valore ma pieno di dubbi sulla sua capacità di rialzarsi completamente, senza lasciare nessuno indietro.
I Club della nostra regione, dal più piccolo al più grande, con il supporto del Comitato Regionale, superato lo shock della prima ora con il lockdown del marzo 2020 si erano inventati di tutto pur di mantenere accesa la fiamma con i propri tesserati, costruendo delle vere e proprie comunità virtuali unite nel segno del rugby: declinati per tutte le fasce d’età, esercizi, consigli, video-incontri, perfino terzi tempi virtuali. Nulla era rimasto lasciato al caso, nemmeno il… “rugby senza rugby” quando al campo erano consentiti solo esercizi individuali senza contatto. Tutto pur di stare assieme, dando un segnale di unità con pochi eguali rispetto ad altre situazioni pur paragonabili.
“Un periodo incredibilmente duro, che ha segnato pesantemente il nostro sport, senza però colpirlo davvero a fondo“, esordisce nell’analisi della sua prima stagione da presidente Sandro Trevisan, a capo del Comitato Regionale Veneto dal 31 maggio 2021 quando venne eletto assieme ai Consiglieri Fabio Coppo, Flavio Lupato, Giancarlo Merlo e Fabio Incastrini. “E difatti, dopo due stagioni alternate tra blocchi totali all’attività e riprese consentite solo in forma surrogata, la stagione 2021-2022 era partita senza limitazioni annunciandosi con un entusiasmo enorme, un’euforia generale in tutti i Club che non vedevano l’ora di ricominciare dopo anni di problemi giganteschi”.
Un’euforia che, dal lato organizzativo, ha messo a dura prova il Comitato nella stesura dei campionati a tutti livelli di competenza: “Un lavoro estremamente complesso, da un lato per il monitoraggio sulle squadre effettivamente pronte ad iscriversi soprattutto nelle categorie giovanili, poi nel calcolo dei ranking che sono la base su cui quei campionati vengono costruiti, e che dopo due anni di fermo avevano perso senso ovviamente. Sono state settimane molto dure, per le quali ancora adesso ringrazio la struttura del Comitato, che ha fatto tutto il possibile per gestire le difficoltà, riducendo al minimo anche quei disagi che immancabilmente si sono presentati“.
I problemi non sono mancati, malgrado l’entusiasmo, o forse, proprio in virtù di quell’entusiasmo… “Esatto, infatti soprattutto in U17 e U19 le squadre si sono presentate in alcuni casi sulla fiducia di poter recuperare, grazie all’iscrizione ai campionati, almeno una parte di quei giocatori che con lo stop si erano persi per strada, cosa che però è accaduta solo in misura parziale: l’ulteriore botta del nuovo stop deciso tra gennaio e febbraio ha poi portato all’impiego di molti di questi ragazzi direttamente nelle squadre Seniores, che a loro volta avevano subito un’emorragia molto consistente, vicina al 30%. C’era la priorità di finire i campionati con quello che rimaneva, e così gli esordi dei giovanissimi nelle prime squadre sono diventati una prassi comune, ovviamente depauperando le giovanili”.
Un po’ di numeri, per fare la fotografia precisa di quanto accaduto: comparando i dati tra il 30 novembre 2019 ed il 30 marzo 2022, i Seniores perdono il 35%, l’Under 19 il 27%, l’Under 17 il 12%, l’Under 15 l’11%, con una perdita media derivata dalla nuova ondata Covid nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio attestata sul 21%.
Ha retto, crescendo notevolmente i suoi numeri, il settore Minirugby, tanto da compensare i dati complessivi riducendoli ad un -13%, inferiore alla media nazionale sia nel rugby, sia nel panorama degli altri sport italiani, come drammaticamente evidenziato dal più recente report CONI.
“Le perdite ci sono state, ed è esattamente su quel punto che abbiamo focalizzato il lavoro per la stagione 2022-2023, strutturando un piano di recupero del drop-out”, prosegue il Presidente Trevisan. “Complessivamente possiamo però dire che il rugby veneto ha retto l’urto reagendo bene, con quella crescita così importante del settore Minirugby che induce tutti ad una visione di speranza per il futuro“.
Sperando di evitare situazioni come quelle verificatesi nel finale di questa stagione, che così compressa e a singhiozzo ha dovuto dare un’accelerata eccezionale per chiudere tutti i campionati nei tempi dovuti, ponendo spesso società ed atleti in situazione di forte stress: “Dopo il nuovo via libera di marzo rugby veneto ha dovuto correre, praticamente senza più soste, mesi di continua attività che per una realtà dilettantistica, e per i suoi giocatori che o lavorano, o studiano, hanno determinato in più casi un disagio evidente, col rischio di diventare un deterrente in ottica di continuità, e questo è certamente un tema sul quale va fatta un’approfondita riflessione“.
Alla prima stagione di mandato, oltre al lavoro sul campo, il Consiglio Regionale ha decisamente puntato sulla formazione e sulla condivisione delle best practice, ritenendo fondamentale lavorare sull’innalzamento delle competenze dei Club per adattarsi con maggiore efficacia alle sfide contemporanee: “Confermo, abbiamo puntato tanto sulla formazione, strutturando un calendario che si è svolto nell’arco dell’intera stagione e che si è largamente focalizzato sulla possibilità dei Club meno dimensionati di confrontarsi con quelli più dimensionati, creando sinergie e condivisione, cioè creando comunità. La presenza media agli incontri è stata del 50% rispetto al totale dei Club, un dato importante che però sono certo potrebbe essere superiore: anche per la prossima stagione questo rimane un capitolo fondamentale, l’apprezzamento ricevuto e la convinzione che si tratti di un progetto importante ci spinge non solo a riproporlo, ma a rafforzarlo, ovviamente in parallelo con il lavoro di formazione sui tecnici, che rimangono il perno di tutto il sistema, perché “formare i formatori” è davvero il nostro mantra, tanto che abbiamo voluto dedicare loro anche corsi di natura psicologica, motivazionale e di scienze motorie“.
Rugby integrato: un altro dei temi fondanti, in continuità con quanto avviato in Veneto precedentemente, ed ora sempre più seguito anche a livello nazionale grazie al lavoro di Chicco Grosso e del team di Promozione & Sviluppo. “Ci crediamo tantissimo, ogni Club che abbia attivato queste aperture verso ragazze e ragazzi con disabilità è diventato immancabilmente un Club migliore, più completo, più pronto anche in termini educativi e valoriali nei confronti dei propri tesserati. Il Comitato si sta impegnando molto, affiancando sia chi già si è indirizzato a questa attività, sia chi ha manifestato l’intenzione di farlo, con l’obiettivo di allargare al massimo questa rete di società interconnesse tra loro. Idealmente, ogni Club dovrebbe avere la propria squadra di rugby integrato, un’ambizione alta cui tutto il movimento dovrebbe tendere“.
La stagione 2022-2023 sarà quella del sostegno economico federale ai Club secondo il nuovo sistema premiante, basato sulle progettualità costruite e non più su quei parametri generici che immancabilmente producevano delle sperequazioni slegate dalla realtà dei Club: “Una delle sfide più ambiziose del nuovo corso, premiare il merito e la capacità delle nostre società di lavorare sulle competenze e sul proprio futuro, investendo in progetti sostenibili che vedono la Federazione e il Comitato al loro fianco. Bacchette magiche non ne esistono purtroppo, e le risorse non sono mai abbastanza, ma questo approccio è decisamente moderno e mette i Club nelle condizioni di responsabilizzarsi e di crescere sapendo di avere una spalla forte su cui appoggiarsi, alzando il livello di tutto il rugby italiano, non solo di quello di base“.
In chiusura, un consuntivo della prima stagione di mandato non può che essere decisamente piena di orgoglio: “Beh… sportivamente il Veneto si è confermato la regione leader del rugby italiano. La Finale di Top 10 si è giocata tra Padova e Rovigo, quella di Serie A Femminile tra Villorba e Valsugana Padova, la Finale Scudetto Under 19 se l’è giocata la Benetton Treviso, quella Under 17 l’ha vinta la Benetton Treviso, e la Finale Under 17 Femminile l’ha portata a casa il Valsugana Padova. Nei campionati di A e B le nostre squadre sono state protagoniste ovunque, con promozioni ottenute (Patavium in Serie A) o appena sfiorate (Valsugana Padova per salire in Top 10), nei tornei giovanili abbiamo registrato risultati fantastici, come sempre del resto, mentre le nostre Nazionali sono piene di giocatori nati in Veneto o che giocano in Club veneti. Insomma, sul campo restiamo un punto di riferimento sempre più solido per tutto il rugby italiano, e questo non può che inorgoglirci e spingerci a fare sempre meglio“.
Tanto da indurre un’azienda come Alperia, leader nella fornitura di energia green, ad affiancarsi nella promozione del Minirugby, attraverso il progetto delle Feste del Rugby CRV-Alperia: “Un’esperienza bellissima, spalmata nell’arco di tutta la stagione fino alla conclusione con una festa finale memorabile a Villafranca di Verona, che ha visto partecipare oltre 1200 atlete ed atleti. Una modalità di comunicazione condivisa, questa che abbiamo costruito assieme all’azienda, che credo possa costituire un veicolo privilegiato per quei messaggi aziendali che tengano conto sia delle esigenze commerciali, sia dei valori comuni con il mondo del rugby“.