Comunicati Stampa

ROVIGO CITTÀ IN MISCHIA, 48 ORE ALL’INAUGURAZIONE DELL’ATTESA MOSTRA

Appuntamento con la vernice per la stampa venerdì 21, poi l’apertura al pubblico fino al 29 gennaio. Presentata anche l’opera “Li chiamarono Bersaglieri

La prestigiosa Sala degli Arazzi di Palazzo Roncale nel centro storico di Rovigo ospita venerdì 21 ottobre, alle ore 12:00, l’incontro con la stampa che darà il via ufficiale alla mostra “Rovigo Città in Mischia”, uno degli eventi culturali più attesi dell’anno nel capoluogo polesano.

Curata a sei mani dai giornalisti Ivan Malfatto, Antonio Liviero e Willy Roversi, la mostra nasce da un’idea di Sergio Campagnolo ed è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo: attraverso un racconto per testimonianze ed immagini, la storia di una squadra di rugby che dal 1935 è in realtà altro che una squadra di rugby, ma uno dei simboli identitari più forti di un territorio e di una comunità.

“Le vittorie, le vicende di questa Società”, ha affermato il Presidente della Fondazione CARIPARO, Gilberto Muraro, “hanno certamente appassionato il mondo del rugby, ma non c’è dubbio che esse si siano riverberate anche al di fuori di esso. Influenzando positivamente la percezione di Rovigo e del Polesine a livello nazionale e anche internazionale. Per questo la mostra non sarà una mera (pur meritata) celebrazione di partite e vittorie, ma un’occasione per capire, e far capire, l’unicità del fenomeno in queste terre”.

Tra gli eventi collaterali, un ruolo importantissimo lo riveste l’ultima opera del giornalista e scrittore rodigino Alberto Guerrini, autore di una monumentale ricerca storica pubblicata da Piazza Editore con il titolo “Li chiamarono Bersaglieri” (Piazza Editore, 508 pagine, 25 euro).

Di seguito la presentazione dell’iniziativa da parte di un’altra delle firme rugbistiche più apprezzate del nostro movimento: lo storico, giornalista e scrittore veneziano Elvis Lucchese.

È un momento di grazia per la storia del rugby in Italia. Complice anche la scarsità di fonti, a lungo non sono esistiti studi specialistici sulle origini del gioco, negli anni che conducono alla Seconda Guerra Mondiale. Ma lo scenario sta cambiando in questo 2022, che ha visto la comparsa di una vasta ricerca frutto del lavoro negli archivi del piemontese Marco Ruzzi. Si tratta delle oltre 460 pagine di “Generazione Littoriali” (Edizioni Primalpe, con una introduzione di Paul Dietschy, 23 euro), una autentica miniera di informazioni sui campionati, sulla Nazionale, sulle vicende federali fin dai primissimi vagiti della disciplina in Italia nel 1910.

 

Dalla capitale ovale, Rovigo, è da poco giunto nelle librerie un secondo volume di interesse storico, proprio alla vigilia dell’inaugurazione della mostra dedicata alla “Città in mischia” e curata da Ivan Malfatto, Antonio Liviero e Willy Roversi, a Palazzo Roncale dal 22 ottobre al 29 gennaio 2023.

In Li chiamarono Bersaglieri” di Alberto Guerrini  il focus è solo apparentemente più ristretto alla dimensione polesana. In realtà l’autore raccontando gli esordi di Rovigo racconta anche i primordi del rugby veneto e italiano, allargando sovente il campo dal locale al nazionale e restituendo al lettore l’immagine di una rete di relazioni fra rugbisti più fitta e complessa di quanto si immaginasse finora.

Dei primi Bersaglieri vengono accuratamente ricostruite le biografie. Sono contadini come Bruno Vallin, carbonai come Vittorio Dall’Ara e Luciano Costante, manovali come Umberto “Spol” Cecchetto, solo qualche volta studenti come i due Lanzoni. A Rovigo il rugby seduce i giovani delle classi più umili, quelli di San Bortolo, mentre altrove a giocare allora sono quasi esclusivamente universitari della migliore borghesia.

Tutti si dividono fra diversi sport, spesso preferendo alla palla ovale il calcio, il nuoto, il pugilato o l’atletica, talora con gloriosi risultati come nel caso di “Farfallino” Natali.

E’ uno sguardo partecipato e appassionato quello che Guerrini rivolge a questi ragazzi di fine anni Trenta, destinati a vivere la drammatica esperienza della guerra e dell’8 settembre. La sua ricerca fa luce anche sui protagonisti meno noti – il dimenticato Giovanni Siligardi, Giuseppe Luppi o lo stesso Idres Natali, ad esempio – e coinvolge un numero davvero ampio di pionieri (sarebbe stato utile, a questo proposito, un indice dei nomi).

Guerrini inoltre “corregge” il dato dell’apparizione del rugby nella città delle rose, accettato nella memoria condivisa con l’episodio del 22 marzo 1935 quando al rientro dall’Università di Padova Dino Lanzoni avrebbe condotto sottobraccio la prima palla ovale mai vista a Rovigo. Già il 23 marzo 1930, invece, si era giocato al Tre Martiri un incontro fra Guf Padova e una rappresentativa veneta universitaria per volontà di un altro aspirante medico al Bò, Antonio Valgoi, impegnato nella promozione della disciplina nelle organizzazioni giovanili fasciste.

Il padre del rugby rodigino rimane Lanzoni, ma le informazioni di Guerrini sul fermento cittadino antecedente il suo impegno sono interessanti e inedite. Sarà comunque dal 1936 che il rugby comincerà a prendere piede con l’ascesa dei Bersaglieri, a cui contribuisce il tecnico francese Jean Branà.

In copertina del libro, restaurata, la prima foto nota del Rovigo, per molto tempo datata 1935 ma secondo Guerrini riconducibile con sicurezza a marzo 1937, in occasione di un successo in maglia azzurra sul campo di Ferrara. Nel 1939 arriverà il titolo nel campionato della Gil e con questo l’ormai definitivo innamoramento dei polesani per la palla ovale, una vicenda unica nella storia sportiva italiana“.